Scritto da Emilia Beuger
Tradotto da Annarita De Angelis
Edito da Eleonora Pellicanò
Nell’estate del 2014 J.Crew annunciò che avrebbe aumentato le sue taglie fino alla XXXS, due taglie in meno della XS o la zero. La “tripla zero” venne presa di mira dalle agenzie di comunicazione che ridicolizzarono questa mossa, asserendo che nessuno avrebbe mai potuto permettersi di entrare in quella taglia, a meno che non fosse stata una “bambina di otto anni di sana costituzione.”
Quando J.Crew provò a spiegare il motivo di questa scelta, ovvero che si stava espandendo verso i mercati dell’Asia ed aveva quindi bisogno di taglie più piccole (mossa di molte aziende americane negli ultimi tempi), siti web e canali di informazione continuarono comunque a farla a pezzi.
Ognuno dovrebbe poter indossare vestiti che gli stanno bene. Le donne di tutte le forme e di tutte le taglie dovrebbero potersi comprare dei vestiti senza preoccuparsi di entrarci o meno. Da parte di J.Crew, questo è stato un passo nella giusta direzione, per essere aperti a tutte le donne, e non dovrebbe essere visto in modo negativo da parte dei media. Mi fa piacere vedere che i negozi si
aprono a taglie diverse, ed è una cosa che dovrebbe avvenire per entrambi gli estremi. Non dovremmo isolare alcune donne, solo perché la loro taglia può essere diversa da quella che crediamo essere la taglia ‘media’ o ‘normale’, basandoci su un sistema di numeri arbitrario.
Storicamente, non c’è mai stato un modo standard per classificare le taglie dell’abbigliamento. Gli esperti sono arrivati alla conclusione che il miglior modo per farlo, sarebbe quello di misurare le donne in base all’altezza e al peso, ma anche questa è una maniera problematica e non realistica per stabilire delle taglie. Hanno concluso dicendo che “anche se possiamo estrapolare una misura da una taglia, i numeri che usiamo per le taglie delle donne non sono di per sé delle misure.” Ci sono talmente tante combinazioni che potrebbero essere create. Proprio per questo, l’industria della moda ha deciso di andare avanti con le sue taglie, cambiandole e adattandole a suo piacimento, in particolare per quanto riguarda la produzione e la vendita dei loro prodotti. In tutta onestà, io non so come creare un nuovo modo di attribuire le taglie all’abbigliamento, ma questo già ci dimostra come i corpi femminili non debbano essere semplificati, come invece sta avvenendo adesso. Alcuni esempi di eccessiva semplificazione sono aziende come Brandy Melville, che vendono una sola
taglia. American Eagle Outfitters, una delle aziende principali per giovani ed adolescenti, ha creato una linea che si chiama “Don’t Ask Why.” Secondo l’azienda, “ogni capo è pensato per adattarsi a
tantissimi. corpi. diversi! per far sì che stia sempre bene. Ricordati, tu sei unica. Rendilo tuo.” La mentalità una-taglia- per-tutti pone parecchi problemi, in particolare se American Eagle vuole aprirsi
a tutti i tipi di corpo. Tutti i capi sono modellati sul corpo di una modella alta e magra, che di certo non è in linea con la media.
Non solo le taglie sono arbitrarie, ma hanno davvero un significato? Molte donne sono finite in prima pagina per aver postato delle foto di come stanno in una serie di pantaloni dalla taglia 36 alla 42, facendo vedere che ogni taglia significa qualcosa di diverso a seconda del negozio. Il sito di bellezza The Gloss sta portando avanti un esperimento che vede le donne provare le proprie taglie in diversi negozi famosi. Anch’io ho avuto esperienze simili, persino all’interno dello stesso negozio. A volte, in un negozio qualunque, la mia taglia per una maglietta può variare di 2 o tre taglie. E succede anche per la stessa azienda. Si capisce, quindi, che un numero non riflette, e non dovrebbe riflettere, un corpo. In una delle mie serie tv preferite dei tempi del liceo, One Tree Hill, Brooke Davis crea la sua linea di vestiti chiamata “Clothes over bros.” In uno degli episodi, la Davis proclama “Zero non è una taglia.” Per quanto io sia d’accordo che non si debbano incoraggiare le donne ad essere una certa taglia, questa, anche se non dovrebbe essere chiamata “zero”, è una taglia che molte donne portano, io inclusa.
L’ossessione della nostra società per queste taglie incostanti mette le donne in disaccordo. Il fatto che la società assegni alle taglie piccole dei numeri che non sono nemmeno numeri (doppio zero,
triplo zero) è una cosa che non dovrebbe succedere. Il modo in cui assegniamo le taglie può portare a disturbi alimentari. Usare lo zero per le taglie è “assurdo,” secondo Barbara Greenberg, psicologa clinica. L’uso del numero 0 è esclusivo, perché indica che quella taglia è qualcosa in meno di tutti gli altri possibili numeri. Dobbiamo ricostruire completamente il modo in cui diamo le taglie ai vestiti, così da accettare tutte le taglie. Non c’è uno standard unico che tutte le aziende seguono.
Ci sono anche molte donne che vestono una XL o taglie forti. Infatti, secondo un sondaggio di Modcloth su “più di 5000 donne americane di diverse taglie”, “il 50% indossa un mix di taglie
standard e taglie forti, e il 57% compra vestiti in taglie che vanno dalla 46 in su.” Si parla tanto di allargarsi alle taglie più piccole, ma non altrettanto di allargarsi verso quelle più grandi. Dobbiamo
espandere le taglie dei nostri vestiti, così da includere tutte le donne e tutti i corpi. Le aziende devono rifornire i loro negozi con più taglie, così anche le donne che indossano taglie forti potranno
trovare vestiti adatti a loro. Molte delle taglie forti sono relegate al commercio online, rendendo difficile alla donna capire quale taglia comprare, perché sappiamo tutti come durante lo shopping online si rischi sempre di comprare qualcosa che non ci sta bene, visto che le taglie sono arbitrarie.
La verità è che non dovremmo permettere che delle taglie dettino l’autostima di una donna. Un numero non rende qualcuno una persona migliore, né lo rende più o meno sano. Un numero non
racconta la storia di una donna. Ognuno è bello a modo suo e si merita di avere una taglia che stia bene sul suo corpo. Accettare tutti i tipi di corpo nell’industria della moda è estremamente
importante.
Ci sono donne di tutte le forme e di tutte le taglie. Quelle che indossano la XXXS e quelle che indossano la XXL sono comunque donne. Anche se non dovremmo assegnare delle taglie alle donne che suggeriscano che alcune sono più piccole ed altre sono più grandi di quello che dovrebbero essere, dovremmo rendere l’abbigliamento accessibile a tutte le taglie e tutte le forme.
Sono comunque donne che combattono contro l’arbitrarietà delle taglie nell’industria dell’abbigliamento femminile. Ad entrambi gli estremi della scala delle taglie ci sono difficoltà nel trovare i vestiti. Molte donne che hanno una taglia nella media hanno difficoltà a trovare vestiti che vadano bene. Non dovrebbero essere punite o odiate solo perché indossano una certa taglia. C’è da dire, però, che non vale solo per le donne; anche gli uomini hanno problemi con la discriminazione nelle taglie. Ma poi comunque, alla fine della storia, a chi interessa il significato di un numero? Il solo fatto che io indossi una 32 o una 34, mentre la mia amica indossa una 40, non significa certo che le nostre esperienze di shopping debbano essere diverse. L’abbigliamento non dovrebbe far sentire nessuno isolato, e quest’isolamento finirà quando cambieremo il modo di guardare alle taglie e cominceremo a soddisfare le donne di tutte le forme e tutte le taglie.
Emilia Beuger è una editorialista del Collegian e può essere contattata al seguente indirizzo [email protected].